“Ogni anima ha un suo luogo in cui si placa. Io immagino degli spazi in cui i miei oggetti restituiscano un senso di quiete e una sensazione di bellezza in un ambiente naturale”. Questa l’idea che sta alla base del lavoro Marco Serralunga; un’idea che rende perfettamente la filosofia dell’omonima azienda. Serralunga opera a Biella dal 1825 e ha letteralmente rivoluzionato il concetto di vaso, come banale contenitore di piante, la sua percezione e il modo di utilizzarlo. Andando oltre, con oggetti e complementi d’arredo, dove la fuzionalità si coniuga perfettamente con la ricerca stilistica. Di seguito l’intervista a Marco Serralunga.
Come si sta evolvendo e trasformando il mondo dell’arredo esterno?
Se pensiamo all’ambiente esterno solo 7-8 anni fa, fatto sostanzialmente di materiali come il ferro e la plastica, va detto che siamo di fronte ad un vero e proprio cambiamento; una reale trasformazione che spero possa far crescere il mercato e, in particolare, la cultura dell’arredo. Giardini, terrazzi, bar, ristoranti e locali d’intrattenimento hanno avuto un vero e proprio rilancio, con arredi di maggiore valore economico ed estetico.
Parliamo di spazi privati. Terrazzi e giardini sono sempre più valorizzati dai loro abitanti. In che modo?
Oggi lo spazio esterno è sempre più vissuto come parte integrante della propria abitazione, un continuum naturale del proprio spazio abitativo che, per gli italiani, si sa è molto importante. Non solo, direi che sempre più lo spazio esterno è vissuto come un vero e proprio valore aggiunto, cui dedicare risorse e attenzione. Tuttavia, ci tengo a sottolineare, che siamo solo all’inizio di questo processo e, per questo, tutti gli operatori del settore devono lavorare molto per creare e ampliare la “conoscenza” di un’offerta che diventa ogni giorno più ricca ed eterogenea.
Che genere di “lacuna” sconta il potenziale acquirente di prodotti per l’esterno?
Molto in passato ma, ancora oggi, il nostro settore sconta qualche deficit d’informazione. Ad esempio nell’immaginario comune l’offerta era percepita o come molto alta e come molto bassa. E a questo status quo hanno contribuito, in maniera importante, due fattori come la comunicazione e la distribuzione. La prima, con un messaggio spesso esclusivo – grandi giardini, grandi piscine e mobili di alto valore –, la seconda con un “vuoto” di visibilità: quante persone saprebbero indicare con precisione un rivenditore di solo arredo esterno? Per fortuna le cose stanno cambiando, e in meglio.
In che senso?
Intanto le persone hanno cominciato a scoprire che esiste una vasta fascia intermedia di prodotti che consentono a tutti – democraticamente – di rendere il proprio spazio esterno gradevole e confortevole senza per questo spendere una fortuna. Dall’altra va detto che certa distribuzione (grande e specializzata) sta dando un significativo contributo alla diffusione del prodotto “arredo esterno”.
E i produttori in che modo devono contribuire?
A mio avviso lavorando su una propria personale connotazione che sia distintiva rispetto al resto, evitando l’omologazione. In questo senso c’è ancora molto da fare e molto da visitare all’estero, dove in molti Paesi la cultura dello spazio esterno è più sviluppata.
Dove?
Francia, Inghilterra, Paesi Nordici in genere. Luoghi che hanno saputo creare un mood molto forte per gli spazi esterni.
Mood. Dall’inglese: stato d’animo, umore, atmosfera. Quello che ancora manca in Italia?
Direi di sì. E dobbiamo essere noi produttori a crearlo e voi media a diffonderlo.
E qual è il “mood pensiero” di Marco Serralunga?
Mettere a disposizione delle persone, oltre che prodotti, delle idee; scostarsi dal classico coordinato – tavolo con sedie; poltrone con divani tutti uguali– e iniziare a mescolare generi e materiali, dando sfogo alla proprio gusto e creatività. In realtà niente di sovversivo, l’arredamento d’interni lo fa da tempo. E’ necessario far sapere al nostro potenziale cliente cosa offre il mercato e dare ai nostri prodotti un significato. E’ in questo senso che Serralunga ha cercato, e cerca, di lavorare, cambiando la percezione di un prodotto di uso comune. Partendo da un oggetto – il vaso - banale e necessario solo se si acquista una pianta, abbiamo lavorato per trasformarlo in un oggetto bello e acquistabile a prescindere. E’ stato un processo culturale e, l’outdoor, ha bisogno di questo, perché le potenzialità del nostro mercato sono enormi.
E il design come s‘inserisce in questo processo?
E’ ovviamente parte del processo, purchè sia accessibile, funzionale e con il giusto valore. Altrimenti parliamo di “semiarte”. Va benissimo, ma è un’altra cosa e non rientra nei miei progetti. L’Italia ha un patrimonio di aziende che può tranquillamente proporre un’offerta industrializzata di prodotti, con un elevato contenuto di design. Oggi il prodotto per funzioanre deve essere costituito da 3 componenti: 30% estetica, 30% funzionalità e 30% prezzo.
Ikea insegna…
Infatti, con prodotti esteticamente gradevoli e accessibili. E’ indubbio che Ikea abbia contribuito all’innalzamento del gusto italiano per gli arredi.
Oggi il cliente come percepisce l’offerta e quanto è disposto a spendere?
Dividerei i due mondi: il contract e il privato. Il mondo del business ha capito, da tempo, che alzando il livello ne guadagna tantissimo e non è un caso che ci siano esercizi commerciali che guadagnano di più con l’aperitivo nello spazio esterno piuttosto che con la sala ristorante interna. Basta un investimento contenuto per creare subito atmosfera e dare l’idea di un locale trendy, di tendenza.
…e per il privato?
Per i consumi privati va detto che oggi esiste un’elevata riconoscibilità per certi prodotti – ad esempio il grande vaso che si vede fotografato in tutte le ville -. Direi che gli orientamenti sono ancora molto concentrati sul classico, sul consolidato, ma non tanto per una questione di prezzo, quanto per una mancanza di comunicazione.
Può il contract influenzare il privato?
Certamente può essere un buon veicolo di cultura. Il contract deve, per necessità, essere un passo avanti e, soprattutto, per sua natura, essere più selettivo perché deve proporre un arredo che si integri con lo spazio circostante, valorizzandolo, senza essere invasivo. E ciò è molto più complesso che arredare un interno, il mobile per esterno deve essere bello, senza avere un ego eccessivo che, al contrario potrebbe infastidire.
Quali sono i canali emergenti per comunicare l’offerta di arredo esterno?
Oltre ai canali tradizionali, la grande distribuzione specializzata – intesa come garden center e centri bricolage – può diventare un ottimo canale di distribuzione, grazie ad una sempre maggiore visibilità sul territorio. E poi c’è la vendita a catalogo e, soprattutto, il web, formidabile canale d’informazione, che può diventare un forte canale di vendita.
Veniamo a Serralunga. Parliamo di progetti futuri? Su cosa state lavorando?
Stiamo andando in tre direzioni diverse. Con “Living Different” stiamo cercando di proporre gamme funzionali, estetiche, con contenuto innovativo, ma vivibili; con Serralunga 1825, il catalogo destinato alla gds, stiamo portando avanti un progetto che contempla una gamma di nuovi vasi mass market dalle linee più tradizionali ma perfette nella loro semplicità, e realizzati da famosi designer; il terzo catalogo è dedicato al settore collettività/eventi, un comparto in costante espansione.
Per concludere. Qual è l’esterno ideale di Marco Serralunga?
Al momento due. I giardini di Londra e le Jardin du Luxembourg. Luoghi bellissimi dove la gente va, si siede, riposa, legge, socializza. Il massimo!
APPROFONDIMENTI: